Il corno da Caccia

Le  origini nel XVII secolo

Per corno da caccia si intende un corno circolare naturale, generalmente in ottone, senza valvole o tasti, con canneggio avvolto in uno o più giri, che ad una estremità ha un bocchino e dall’altra una campana, con funzione di amplificatore del suono.

Con l’aumentare della lunghezza aumenta la possibilità di emettere più note. Lo strumento nasce quindi verso la metà del XVII secolo per sostituire l’antico e piccolo corno da caccia, in uso sin dal medioevo e in grado di emettere una sola nota nella forma di un alfabeto morse, con un altro più lungo, capace di esprimere il segnale con una melodia  più complessa, all’altezza della magnificenza delle corti d’età barocca.

Diffusione del corno da caccia nel cerimoniale venatorio francese e sabaudo: la Dauphine

Il cerimoniale venatorio francese era quello della vènerie, la caccia al cervo esercitata a cavallo con muta di cani da seguita, in particolare al cervo, ma anche al cinghiale. In questa pratica  il corno era impiegato per trasmettere all’equipaggio, ossia ai cavalieri, piqueurs (reponsabili della muta), valletti a piedi e cani (in grado anch’essi di capire, in diverse circostanze, sia dal suono del corno che dall’intonazione della voce, ciò che avveniva nel folto della foresta: le diverse fasi in corso, dette “funzioni”. Questi suoni costituivano il cerimoniale della caccia e servivano anche a comunicare le caratteristiche dell’animale, come l’età o il sesso. Ogni situazione aveva la sua musica, che ne rappresentava l’azione, spesso immortalata da grandi pittori, come Jan Miel alla reggia di Venaria o Vittorio Amedeo Cignaroli alla Palazzina di caccia di Stupinigi (sala degli Scudieri).

Il corno da caccia francese, in uso anche in Piemonte, era denominato Dauphine, in onore della nascita del delfino di Francia, nel 1729, con due giri e mezzo di canneggio, della lunghezza di circa 460-470 cm e diametro di circa 50-52 cm. Numerose le fanfare, ossia le musiche in uso nel cerimoniale francese ed in quello sabaudo, con vasta diffusione come fenomeno di modo presso le altre corti d’Europa. Le partiture per corno più note sono quelle composte dal marchese Marc-Antoine de Dampierre nella prima metà del XVIII secolo.

Il corno da caccia nella musica d’arte

Lo strumento in uso nella pratica venatoria rappresenta da subito una grande opportunità per i compositori che iniziarono ad impiegare questo corno nella musica d’arte, all’inizio per temi vicini alla caccia, ma ben presto anche come strumento adatto ad amalgamarsi con gli altri dell’orchestra, svincolato ormai da ogni relazione con l’ambito venatorio. J. S. Bach, A. Vivaldi, G.F. Telemann, J. D. Heinichen e molti altri scrissero partiture per “corni da caccia”, indicati sovente in italiano, la lingua della musica.

Nel corso della prima metà del XVIII secolo il corno da caccia impiegato nella pratica venatoria e quello impiegato in orchestra era lo stesso, in diverse tonalità (Re, FA, Sol). Questo corno è quello che ai nostri giorni viene anche denominato corno barocco. Già dai primi anni del ‘700 per poter passare rapidamente da una tonalità all’altra si iniziarono a impiegare nella musica d’arte delle ritorte, ossia prolunghe da inserire tra bocchino e corpo dello strumento, senza peraltro cambiare la definizione e la sostanza del “corno da caccia”.

Nella seconda metà del XVIII secolo entrò in uso un altro corno naturale, detto anche corno mozartiano o classico, ma questo non è più da considerarsi un corno da caccia. Le ritorte inserite all’interno del corpo dello strumento preludevano infatti ormai al passo successivo, ossia l’introduzione delle valvole, e i tempi indicavano ormai un profondo cambio della sensibilità musicale.

Il corno da caccia nel cerimoniale venatorio mitteleuropeo

Nei territori dell’Impero e presso altre corti d’Europa il cerimoniale venatorio non prevedeva la caccia con cani da seguita, e quindi non si aveva la necessità di comunicare segnali, ma si praticava la caccia in battuta alla fine della quale era uso suonare un concerto o sinfonia con diversi strumenti, trombe, timpani e poi anche corni. L’abilità nel costruire trombe in Europa centrale (Norimberga), o a Venezia, favorì inoltre la nascita di corni-tromba, ovvero di corni che altro non erano che trombe “arrotolate”. Il divieto imperiale di usare trombe a chi non facesse parte della confraternita favorì probabilmente a sua volta questi tentativi. Tale situazione potrebbe spiegare la ragione della rapida introduzione del corno da caccia nella musica d’arte in questi Paesi, sin dai primi anni del XVIII secolo, mentre in Francia il corno fa la sua comparsa in orchestra relativamente tardi, con J.P. Rameau, nella metà del XVIII secolo, quando ormai stava per imporsi l’uso corno classico. In questi Paesi fu praticata la vènerie come fenomeno di moda, edil corno era appunto denominato Parforcehorn, dalla caccia “parforce”, a “forzare” con i cani o alla francese, ma fu sempre praticato parallelamente il cerimoniale tedesco, ancora vivo ai nostri giorni.

Dalla rivoluzione francese ai nostri giorni: la trompe d’Orléans, Parforce, Pless horn e corno barocco

Nel periodo che va dalla rivoluzione francese alla restaurazione, venuto meno il valore simbolico dell’impiego venatorio dell’antico regime, il corno da caccia viene impiegato dai corpi musicali militari e attraverso di loro passa alla popolazione.

Verso il 1815 entra in uso in Francia il corno detto anche Perinet, e poi d’Orléans, in Re, ossia l’attuale corno da caccia francese, in uso all’epoca anche in Piemonte fino alla fine del XIX secolo, con canneggio avvolto su tre giri e mezzo, della lunghezza di 4,54 m e diametro di 35-37 cm.

Lo strumento venne ancora impiegato in ambito venatorio dalle nuove classi emergenti, ma parallelamente anche in altri contesti musicali, per feste, anniversari, cerimonie religiose ed intrattenimenti. Nel 1928 nasce l’associazione che oggi è denominata FITF – Fédération Internationale des Trompes de France, che promuove la pratica attraverso corsi di formazione, concorsi tra suonatori e per cerimonie come la festa di S. Uberto. L’Equipaggio della Regia Venaria è parte della FITF dove rappresenta l’Italia.

Nei territori della Mitteleuropa il processo è analogo. Il corno Parforce passa alla popolazione e nel corso del XIX secolo l’impiego avviene nella tonalità in Mib o anche in Sib. Il canneggio è ancora avvolto in due giri e mezzo, con diametro di circa 48 cm e lunghezza di circa 415 cm. In questi Paesi verso il 1880 viene creato un altro piccolo corno, dal tono acuto, il Pless Horn, in Sib, della lunghezza di circa 130 cm, dal principe H.E. von Pless, maestro delle cacce dei Kaiser Guglielmo I e Guglielmo II.

In Italia l’Accademia di Sant’Uberto ha rivitalizzato l’uso del corno d’Orléans, in collaborazione con la FITF, l’associazione che oltre a Francia e Italia comprende Belgio, Lussemburgo e alcuni gruppi in Svizzera e Baviera.

Parallelamente, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso si è sviluppato l’impiego di strumenti originali per l’esecuzione di partiture antiche. Ricordiamo le esecuzioni di K. Harnoncourt. Da allora si è avuto uno sviluppo molto importante in ambito musicale e l’antico corno da caccia, denominato ai nostri giorni anche corno barocco, è ritornato di grande attualità. L’Equipaggio della Regia Venaria promuove la pratica dello strumento attraverso concerti, dedicandosi alla formazione dei giovani, e organizzando percorsi didattici e di visita presso le residenze sabaude.